Andrea Dalmartello: POST-VESSATORIETÀ: INTEGRAZIONE E RESTITUZIONI – Conclusioni Avvocato Generale, Causa C 520/21

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 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ANTHONY MICHAEL COLLINS

presentate il 16 febbraio 2023 ( 1 )

Causa C‑520/21

Arkadiusz Szcześniak

contro

Bank M. SA,

con l’intervento di:

Rzecznik Praw Obywatelskich,

Rzecznik Finansowy,

Prokurator Prokuratury Rejonowej Warszawa – Śródmieście w Warszawie

Przewodniczący Komisji Nadzoru Finansowego

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da Sąd Rejonowy dla Warszawy – Śródmieścia w Warszawie (Tribunale distrettuale, Varsavia – Śródmieście, Varsavia, Polonia)]

(Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Articolo 6, paragrafo 1, e articolo 7, paragrafo 1 – Contratto di mutuo ipotecario – Clausole di conversione – Effetti dell’accertamento della nullità dell’intero contratto in quanto contenente clausole abusive – Facoltà di far valere diritti ulteriori rispetto al rimborso delle prestazioni pecuniarie – Arricchimento senza causa – Carattere dissuasivo – Efficacia)

I. Introduzione

1.

A partire dai primi anni 2000, in Polonia le banche hanno concesso decine di migliaia di mutui ipotecari denominati o indicizzati in franchi svizzeri (CHF) a consumatori che intendevano acquistare proprietà immobiliari. Dal momento che offrivano ai debitori il vantaggio di tassi di interesse molto inferiori a quelli dei mutui denominati in zloty (PLN), tali mutui ipotecari erano molto richiesti. Con l’inizio della crisi finanziaria mondiale il tasso di cambio tra CHF e PLN divenne sfavorevole ai detentori della seconda valuta. Migliaia di debitori, compreso il ricorrente nel procedimento principale, hanno intentato causa contro le banche con le quali avevano contratto l’ipoteca, sostenendo dinanzi agli organi giurisdizionali polacchi che le clausole che disponevano la conversione da PLN a CHF e viceversa, previste dai contratti di mutuo ipotecario, erano abusive. In un numero significativo di cause i giudici hanno accolto tale argomentazione e stabilito la nullità dell’intero contratto di mutuo ipotecario.

2.

Nell’ambito di una di tali controversie, il Sąd Rejonowy dla Warszawy – Śródmieścia w Warszawie (Tribunale distrettuale, Varsavia – Śródmieście, Varsavia, Polonia) chiede alla Corte se le parti di un contratto di mutuo ipotecario, stipulato tra un consumatore e una banca e dichiarato nullo nella sua interezza in quanto contenente clausole abusive, possano avanzare pretese ulteriori rispetto al rimborso della prestazione pecuniaria prevista dal contratto e al pagamento degli interessi legali di mora a partire dalla data della domanda di rimborso.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

3.

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori ( 2 ), così recita:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

4.

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

5.

L’articolo 8 della direttiva 93/13 così recita:

«Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore.»

B.   Diritto polacco

6.

L’articolo 5 dell’ustawa – Kodeks cywilny (legge che promulga il codice civile), del 23 aprile 1964 (in prosieguo: il «codice civile») ( 3 ), così dispone:

«Un diritto non può essere esercitato in modo contrario al suo scopo sociale ed economico o ai principi di ordine pubblico. Una siffatta azione od omissione del titolare del diritto non costituisce esercizio del diritto e non è meritevole di tutela.»

7.

L’articolo 58, paragrafo 1, del codice civile stabilisce che «[gli] atti giuridici in contrasto con la legge o aventi lo scopo di eludere la legge sono nulli, salvo che una specifica disposizione preveda un effetto diverso e, in particolare, che le disposizioni nulle di un atto giuridico siano sostituite da corrispondenti norme di legge».

8.

Ai sensi dell’articolo 3851, paragrafi 1 e 2, del codice civile:

«1.   Le clausole dei contratti stipulati con i consumatori che non sono state negoziate individualmente non sono per essi vincolanti qualora configurino i loro diritti e obblighi in modo contrario al buon costume, con grave violazione dei loro interessi (clausola illecita). La presente disposizione non si applica alle clausole che determinano le prestazioni principali delle parti, compreso il prezzo o la remunerazione, purché siano formulate in modo univoco.

2.   Qualora una clausola contrattuale non sia vincolante per il consumatore ai sensi del paragrafo 1, la restante parte del contratto rimane vincolante tra le parti».

9.

L’articolo 405 del codice civile così dispone:

«Chiunque abbia conseguito un arricchimento patrimoniale senza causa a danno di un’altra persona è obbligato a restituire tale arricchimento in natura o, se questo non è possibile, a restituirne il valore».

10.

L’articolo 406 del codice civile così dispone:

«L’obbligo di restituzione deve comprendere non solo l’arricchimento patrimoniale direttamente conseguito bensì anche tutto ciò che, se alienato, perso o danneggiato, sia stato ottenuto come corrispettivo di tale arricchimento o al fine di risarcire il danno».

11.

Ai sensi dell’articolo 410 del codice civile:

«1.   Le disposizioni precedenti si applicano in particolare alla prestazione indebita.

2.   Una prestazione è indebita se colui che l’ha eseguita non era obbligato o non era obbligato nei confronti della persona a favore della quale l’ha eseguita, o se la causa della prestazione è venuta meno o se lo scopo previsto della prestazione non è stato raggiunto, o se l’atto giuridico su cui si basava l’obbligo di eseguire la prestazione era invalido e non ha acquistato validità dopo l’esecuzione della prestazione».

12.

Ai sensi dell’articolo 455 del codice civile, «[s]e il termine per adempiere non è determinato e non emerge dalla natura dell’obbligazione, la prestazione deve essere adempiuta immediatamente dopo che al debitore sia stato intimato di adempiere».

13.

L’articolo 481, paragrafi da 1 a 3, del codice civile stabilisce quanto segue:

«1.   Se il debitore è in ritardo nell’adempimento di una prestazione pecuniaria, il creditore può esigere gli interessi di mora, anche se non ha subito alcun danno e anche se il ritardo è dovuto a circostanze non imputabili al debitore.

2.   Se il tasso degli interessi di mora non è specificato, sono dovuti gli interessi legali di mora a un tasso corrispondente alla somma del tasso di riferimento della Banca nazionale di Polonia più 5,5 punti percentuali. Tuttavia, se un credito è produttivo di interessi a un tasso più elevato, il creditore può esigere interessi di mora a tale tasso più elevato.

(…)

3.   In caso di inadempimento da parte del debitore, il creditore può altresì richiedere il risarcimento del danno in termini generali».

III. Fatti, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

14.

Il 25 luglio 2008, Arkadiusz Szcześniak (in prosieguo: «A.S.») e la sua coniuge, E.S., entrambi consumatori, hanno stipulato un contratto di mutuo ipotecario con la Bank M., una banca polacca, per una somma pari a PLN 329707,24 (circa EUR 73000), da destinare alla costruzione di una casa. La durata del mutuo, rimborsabile con rate mensili aventi uno stesso importo, era di 336 mensilità. Il tasso di interesse variabile era costituito dalla somma del tasso di riferimento LIBOR 3M (CHF) e del margine fisso della banca.

15.

L’ammontare del mutuo era denominato ed erogato in PLN. Lo stesso ammontare era indicizzato in CHF una volta effettuata la conversione in base al valore d’acquisto dei CHF, pubblicato nella tabella dei tassi di cambio in vigore presso la banca alla data di erogazione del mutuo. Le rate mensili del mutuo erano da corrispondere in PLN una volta effettuata la conversione in base al valore di vendita dei CHF, pubblicato nella tabella dei tassi di cambio presso la banca in vigore alla data di scadenza di ciascuna rata. Tali clausole di conversione erano ricavate dalle condizioni contrattuali generali utilizzate dalla banca. Il 6 settembre 2011, le parti hanno modificato il contratto di mutuo ipotecario per consentire a A.S. e E.S. di pagare le rate mensili direttamente in CHF.

16.

A.S. e E.S. hanno regolarmente pagato le rate mensili alla scadenza prevista.

17.

Il 31 maggio 2021, A.S. ha intentato un’azione legale verso Bank M. dinanzi al giudice del rinvio per ottenere il pagamento della somma di PLN 3660,76 (circa EUR 800), oltre agli interessi legali di mora, con decorrenza dall’8 giugno 2021 fino alla data del pagamento della somma richiesta ( 4 ). La sua argomentazione era fondata sul fatto che il contratto di mutuo ipotecario in questione conterrebbe clausole abusive tali da renderlo integralmente nullo. In conseguenza di ciò, le rate mensili che Bank M. aveva ricevuto in pagamento sarebbero prive di qualsiasi fondamento giuridico. In particolare, durante il periodo dal giugno al settembre del 2011 la banca ha ricevuto da A.S. e dalla sua coniuge rate mensili per un ammontare pari a PLN 7769,06 (circa EUR 1700). L’utilizzo di tale somma durante il periodo intercorso dall’ottobre 2011 al dicembre 2020 ha reso a Bank M. un profitto di PLN 7321,51 (circa EUR 1600) ( 5 ). A.S. calcola tale ammontare facendo riferimento al tasso di interesse mediamente previsto nei contratti di mutuo concessi alle famiglie di consumatori in PLN ( 6 ).

18.

Bank M. chiede che il ricorso di A.S. sia respinto in quanto infondato. Essa afferma che il contratto di mutuo ipotecario in questione non conterrebbe clausole abusive e sarebbe pertanto valido. Nel caso in cui il contratto fosse dichiarato nullo, sarebbe la stessa banca e non il consumatore a poter agire per l’utilizzo del denaro ricevuto.

19.

Come questione di diritto interno, il giudice del rinvio rileva che le clausole di conversione in un contratto di mutuo del tipo di quello che A.S. contesta sono abusive e illecite. Dopo la sentenza della Corte nella causa Dziubak ( 7 ), l’inserimento di tali clausole in un contratto di mutuo ne comporta l’annullamento nella sua interezza. L’annullamento ha effetto ex tunc, di conseguenza tutte le prestazioni fornite in esecuzione di tale contratto devono essere rimborsate in forza dell’articolo 405 del codice civile, in combinato disposto con l’articolo 410, paragrafo 1, del medesimo codice. La banca può quindi pretendere dal mutuatario il rimborso del capitale del mutuo, mentre il mutuatario può reclamare il rimborso delle rate mensili, compresi costi quali commissioni, spese amministrative e premi assicurativi. Ciascuna parte può inoltre chiedere che la controparte corrisponda gli interessi legali di mora a partire dalla data della richiesta formale ( 8 ).

20.

La questione che sorge nell’ambito della controversia dinanzi al giudice del rinvio è se le parti di un contratto dichiarato nullo abbiano diritto ad avanzare ulteriori pretese, comprendenti la remunerazione, il risarcimento, il rimborso delle spese o l’indicizzazione delle prestazioni, a causa dell’utilizzo del denaro senza giusta causa per un determinato periodo di tempo. Tale questione e, in particolare, il possibile fondamento giuridico di tali pretese sono oggetto di dibattito nella giurisprudenza e nella dottrina polacche. Il fondamento giuridico invocato con maggiore frequenza per questo tipo di domande in diritto interno riposa sull’articolo 405 del codice civile (arricchimento senza causa), da solo o in combinato disposto con l’articolo 410, paragrafo 1 (prestazione indebita), del medesimo codice. I concetti di «prestazione indebita» e, a fortiori, di «arricchimento senza causa» rappresentano principi relativamente ampi che coprono un vasto ambito di questioni, tale da comprendere potenzialmente anche le pretese giuridiche riguardanti l’utilizzo di denaro senza una giustificazione contrattuale ( 9 ). Il giudice del rinvio afferma che in Polonia la dottrina prevalente, le istituzioni nazionali e gli organi giurisdizionali negano la possibilità di avanzare tali pretese, sottolineando che, a tutt’oggi, le decisioni dei giudici riguardano azioni legali proposte da banche e non da mutuatari. La ratio invocata nelle decisioni che respingono le pretese avanzate dalle banche è che queste annullerebbero la funzione protettiva delle disposizioni riguardanti la presenza di clausole abusive o lo scopo di quelle che prevedono l’annullamento dei contratti che le contengono. Di conseguenza il giudice del rinvio ritiene che, nel caso in cui il denaro sia stato corrisposto in base a un contratto successivamente dichiarato nullo, il diritto nazionale non fornisca una risposta chiara in merito alla proponibilità per legge, di una domanda basata sull’utilizzo di denaro in assenza di giustificazione contrattuale.

21.

Il giudice del rinvio non è certo che la disponibilità di un’azione legale di tale natura sia compatibile con il diritto dell’UE, in particolare con l’articolo 6, paragrafo 1, e con l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché con i principi di efficacia, proporzionalità e certezza del diritto. Esso fa riferimento alla giurisprudenza della Corte sugli effetti dell’accertamento di clausole abusive in un contratto stipulato con i consumatori e sui diritti conferiti alle parti di un contratto del genere in tali circostanze ( 10 ). Il giudice del rinvio osserva che la Corte non si è ancora pronunciata sull’esistenza di un diritto delle parti di un contratto, giudicato nullo per inosservanza dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, di avanzare pretese ulteriori rispetto al rimborso delle prestazioni pecuniarie corrisposte in forza di tale contratto. In particolare, la Corte non si è ancora pronunciata sull’esistenza di un diritto, in capo alle parti, di chiedere il risarcimento per l’utilizzo extracontrattuale del denaro, per il mancato guadagno causato dalla temporanea impossibilità di utilizzare il proprio denaro, per i costi finanziari e organizzativi da sostenere per l’adempimento del contratto, nonché per la diminuzione del potere d’acquisto del denaro nel tempo. Per quanto la Corte abbia esaminato pretese simili, ciò è avvenuto nel contesto dell’interpretazione di direttive sulla protezione del consumatore diverse dalla direttiva 93/13 oppure nel contesto dell’esercizio, da parte di un consumatore, del suo diritto di recedere dal contratto.

22.

Secondo il giudice del rinvio, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché il principio di efficacia escludono che una banca possa avanzare pretese nei confronti di un consumatore per l’utilizzo del capitale del mutuo da parte di questi o per i costi sostenuti da essa nella gestione del mutuo. La domanda della banca si deve limitare al rimborso delle somme erogate più, verosimilmente, gli interessi legali di mora. Altrimenti, la banca ricaverebbe un vantaggio dall’introduzione di clausole abusive nel contratto di mutuo e dalla sua adesione a pratiche contrarie alla buona fede e al buon costume. Una simile condotta scoraggerebbe inoltre i consumatori dal far valere i propri diritti in base alla direttiva 93/13 per il rischio di incorrere in conseguenze negative, quali l’obbligo di risarcire la banca per l’utilizzo del capitale del mutuo.

23.

Il giudice del rinvio ritiene che non sia contrario al principio di efficacia consentire a un consumatore la facoltà di far valere, nei confronti di una banca, pretese ulteriori rispetto al rimborso delle rate mensili corrisposte e di costi quali commissioni, spese amministrative e premi assicurativi oltre a, verosimilmente, interessi di mora al tasso previsto per legge. Il riconoscimento di tali pretese sarebbe tuttavia in contrasto con lo scopo della direttiva 93/13, che consiste nel dissuadere venditori o fornitori dall’adottare clausole abusive e, nel caso in cui le adottino, nel prescrivere che rimborsino i consumatori per i pagamenti ricevuti in conseguenza di esse, posto che qualsiasi responsabilità ulteriore sarebbe sproporzionata ed eccessiva. Ciò sarebbe anche in conflitto con il principio di certezza del diritto. Qualora un contratto di mutuo sia dichiarato nullo nella sua interezza in quanto contenente clausole abusive, tale principio limita le pretese delle parti ai pagamenti eseguiti in sede di adempimento dello stesso.

24.

In tali circostanze, il Sąd Rejonowy dla Warszawy – Śródmieścia w Warszawie (Tribunale distrettuale, Varsavia – Śródmieście, Varsavia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della [direttiva 93/13] nonché i principi di efficacia, certezza del diritto e proporzionalità, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad un’interpretazione giurisprudenziale della normativa nazionale secondo la quale, nel caso in cui un contratto di mutuo concluso tra una banca e un consumatore sia dichiarato nullo fin dall’inizio per il fatto di contenere clausole abusive, le parti, oltre al rimborso del denaro versato in sede di esecuzione di tale contratto (la banca – il capitale accreditato, il consumatore – le rate, le spese, le commissioni ed i premi assicurativi) e agli interessi legali di mora dovuti dal momento della richiesta di pagamento, possono chiedere qualsiasi altro corrispettivo (compresi, in particolare, la remunerazione, il risarcimento, il rimborso delle spese o l’indicizzazione della prestazione) dovuto per il fatto che:

1)

il soggetto che ha eseguito la prestazione pecuniaria è stato temporaneamente privato della possibilità di utilizzare il proprio denaro, perdendo in questo modo la possibilità di investirlo e di trarne profitto;

2)

il soggetto che ha eseguito la prestazione pecuniaria ha sostenuto costi di gestione del contratto di mutuo e di trasferimento del denaro alla controparte;

3)

il soggetto che ha ricevuto la prestazione pecuniaria ha beneficiato del fatto che poteva utilizzare temporaneamente il denaro altrui, compresa la possibilità di investirlo e, quindi, trarne profitto;

4)

il soggetto che ha ricevuto la prestazione pecuniaria ha avuto la possibilità di utilizzare temporaneamente il denaro altrui a titolo gratuito, il che, in condizioni di mercato, non sarebbe stato possibile;

5)

il potere d’acquisto del denaro è diminuito col passare del tempo, il che implica una perdita effettiva per il soggetto che ha eseguito la prestazione pecuniaria;

6)

la messa a disposizione temporanea del denaro può essere considerata come fornitura di un servizio per il quale il soggetto che ha eseguito la prestazione pecuniaria non ha percepito una remunerazione».

25.

A.S., Bank M., Rzecznik Praw Obywatelskich (Commissario per i diritti umani, Polonia), Rzecznik Finansowy (Ombudsman finanziario, Polonia), Prokurator Prokuratury Rejonowej Warszawa – Śródmieście w Warszawie (Procuratore del distretto di Varsavia – Śródmieście, Polonia), i governi polacco e portoghese e la Commissione europea hanno prodotto osservazioni scritte. All’udienza del 12 ottobre 2022 le parti summenzionate, insieme al Przewodniczący Komisji Nadzoru Finansowego (Presidenza del Consiglio polacco di vigilanza finanziaria) hanno esposto le loro difese orali e risposto ai quesiti della Corte.

IV. Analisi

A.   Sulla ricevibilità

26.

Il giudice del rinvio osserva che, per quanto concerne le domande di chiarimenti in merito alle pretese avanzate da consumatori e banche, esso ha formulato la questione pregiudiziale in termini generici. Sebbene la controversia che gli è stata sottoposta riguardi una pretesa avanzata da un consumatore e non da una banca, esso ritiene che la questione pregiudiziale sia ricevibile per i tre motivi seguenti.

27.

In primo luogo, un contratto dichiarato nullo in base al diritto polacco si considera come mai stipulato e, pertanto, le parti devono rimborsare alla controparte qualsiasi pagamento corrisposto in relazione ad esso. Nei procedimenti giurisdizionali volti al rimborso di pagamenti corrisposti nell’ambito di un contratto di mutuo invalido, sovente le banche sollevano un’eccezione di ritenzione o di compensazione ( 11 ) fondata sulla pretesa di rimborso del capitale del mutuo avanzata nei confronti del consumatore. Tale eccezione è proponibile in qualsiasi momento per tutta la durata dell’udienza dei procedimenti di secondo grado. Nel caso in cui la Corte risponda alla questione pregiudiziale con riferimento esclusivo alla pretesa del consumatore, è probabile che in una fase successiva del procedimento sia necessario proporre una seconda questione pregiudiziale su una pretesa simile, formulata dalla banca, prolungando in tal modo indebitamente la controversia ( 12 ). La giustificazione che la banca adduce per la propria pretesa, per quanto presunta, nei confronti del consumatore per ottenere la remunerazione per l’utilizzo extracontrattuale del capitale del mutuo non è pertanto teorica.

28.

In secondo luogo, l’opinione prevalente nella giurisprudenza nazionale è che, in un’azione di natura restitutoria fondata sull’arricchimento senza causa, il giudice competente non può limitarsi a esaminare nel merito la pretesa del ricorrente, ignorando l’identica pretesa formulata dal convenuto, persino nel caso in cui gli sia stata sottoposta soltanto la prima di esse. Ciò perché qualora le parti abbiano eseguito prestazioni indebite della stessa natura (ad esempio pagamenti nella stessa valuta) e derivanti dallo stesso rapporto giuridico (ad esempio, un contratto di mutuo nullo), si considera senza giusta causa soltanto l’arricchimento della parte che abbia ricevuto la somma di denaro più elevata. L’arricchimento senza causa, pertanto, consiste nella differenza tra le due somme in questione.

29.

In terzo luogo, in Polonia le banche sostengono pubblicamente la tesi che i consumatori che intentino azioni legali per l’annullamento di contratti di mutuo contenenti clausole abusive vanno incontro a conseguenze negative di vasta portata, poiché in caso di accoglimento delle loro istanze sarà loro richiesto di corrispondere la remunerazione per l’utilizzo extracontrattuale del capitale e di rimborsare determinati costi. Tali conseguenze economiche scoraggiano molti consumatori dall’esercitare i diritti sanciti dalla direttiva 93/13. Una risposta inequivocabile della Corte sulla sussistenza del diritto delle banche a far valere tali pretese è quindi di fondamentale importanza per garantire il rispetto dei diritti dei consumatori in Polonia.

30.

Secondo consolidata giurisprudenza, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale ai fini della pronuncia della propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, qualora la questione pregiudiziale riguardi l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi. Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. La Corte si può astenere dal pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale soltanto qualora risulti manifestamente che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non presenta alcun nesso con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura teorica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte ( 13 ).

31.

A mio parere, il caso di specie non ricade in alcuna delle situazioni nelle quali la presunzione di rilevanza può essere contestata.

32.

Vero è che la controversia dinanzi al giudice del rinvio non riguarda direttamente la pretesa di una banca nei confronti di un consumatore volta ad ottenere la remunerazione per l’utilizzo extracontrattuale del capitale del mutuo. Le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio rivelano che, per potersi pronunciare sul caso di specie, esso deve esaminare, dal punto di vista del consumatore e della banca, le conseguenze della nullità del contratto di mutuo ipotecario con riferimento a pretese ulteriori rispetto al rimborso delle prestazioni pecuniarie corrisposte nell’ambito del contratto. In udienza, tuttavia, Bank M. ha dichiarato di aver avanzato tale pretesa nei confronti di A.S. in un’azione legale separata e attualmente sospesa, in attesa della decisione del giudice del rinvio sul caso di specie. Condivido il punto di vista del governo polacco il quale, a proposito delle pretese avanzate dalle banche nei confronti dei consumatori per chiedere la remunerazione per l’utilizzo extracontrattuale del capitale del mutuo, ritiene che il chiarimento invocato dal giudice del rinvio sia necessario per consentire allo stesso giudice di informare A.S. in merito a tutte le conseguenze della sua domanda di annullamento del contratto di mutuo ipotecario.

33.

Ne consegue, a mio parere, che la questione pregiudiziale ha un rapporto diretto con l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale. Pertanto, per quanto attiene alle pretese avanzate dalle banche verso i consumatori per chiedere la remunerazione per l’utilizzo extracontrattuale del capitale del mutuo, il problema non è di natura teorica. La decisione di rinvio contiene tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere alla questione pregiudiziale. Di conseguenza suggerisco alla Corte di giudicare ricevibile la questione nella sua interezza.

34.

Tale conclusione rimane invariata nonostante l’affermazione di Bank M., che gli effetti della nullità di un contratto rappresentano una questione di diritto nazionale che non ricade nell’ambito della direttiva 93/13. Bank M. osserva, in particolare, che la Corte non è competente a interpretare le disposizioni del diritto polacco che regolano, tra l’altro, le cosiddette «domande integrative» (articoli 224 e 225 del codice civile ( 14 )), la responsabilità per fatto illecito (articolo 415 del codice civile ( 15 )), la cosiddetta «indicizzazione della prestazione pecuniaria» (articolo 3581, paragrafo 3, del codice civile ( 16 )) o l’arricchimento senza causa (articoli 405 e 410 del codice civile).

35.

Secondo consolidata giurisprudenza, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale non spetta alla Corte pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni di diritto nazionale o decidere se la loro interpretazione da parte del giudice del rinvio sia corretta, poiché tale interpretazione ricade nella competenza esclusiva dei giudici nazionali ( 17 ). Fortunatamente la domanda formulata dal giudice del rinvio riguarda l’interpretazione del diritto dell’Unione europea, più precisamente l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché i principi dell’Unione europea di efficacia, certezza del diritto e proporzionalità, aspetti che rientrano sicuramente nella competenza della Corte. Il giudice del rinvio non chiede alla Corte di fornire indicazioni sulle disposizioni nazionali su cui possano fondarsi le pretese di consumatori e banche che formano oggetto della decisione di rinvio, ma piuttosto di chiarire se la direttiva in questione e i principi del diritto dell’Unione europea consentano di avanzate tali pretese. Come spiega il paragrafo 41 delle presenti conclusioni, la normativa nazionale relativa alla protezione che la direttiva 93/13 garantisce ai consumatori non ne può modificare né la portata né la sostanza.

B.   Nel merito

36.

La questione pregiudiziale sottoposta dal giudice del rinvio chiede essenzialmente se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché i principi di efficacia, certezza del diritto e proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a un’interpretazione della legislazione nazionale secondo la quale, qualora un contratto di mutuo stipulato tra un consumatore e una banca sia dichiarato nullo nella sua interezza in quanto contenente clausole abusive, le parti possono avanzare reciprocamente pretese ulteriori rispetto al rimborso delle prestazioni pecuniarie corrisposte per contratto e al pagamento degli interessi di mora.

1. Osservazioni preliminari

37.

La Corte ha stabilito in più occasioni che il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 si fonda sull’idea che il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione. Ciò induce il consumatore ad aderire a condizioni predisposte preventivamente dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse ( 18 ).

38.

In considerazione di tale situazione di inferiorità del consumatore, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 proibisce clausole standardizzate che, in contrasto con il requisito della buona fede, determino, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto. L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dispone che le clausole abusive non vincolano il consumatore.

39.

L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il considerando 24, impone agli Stati membri di prevedere mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserimento di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori. Una volta che una condizione contrattuale è stata dichiarata abusiva e pertanto nulla, spetta al giudice nazionale escludere puramente e semplicemente la sua applicazione affinché non produca effetti vincolanti per il consumatore, tranne nel caso in cui il consumatore si opponga ( 19 ). Ne consegue che una clausola contrattuale dichiarata abusiva deve, pertanto, essere considerata, in linea di principio, come se non fosse mai esistita, cosicché non può produrre effetti nei confronti del consumatore. L’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale deve, in linea di principio, avere l’effetto di ripristinare la situazione giuridica e materiale in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza di tale clausola ( 20 ).

40.

In particolare, l’obbligo in capo al giudice nazionale di disapplicare una clausola contrattuale abusiva che prescriva il pagamento di somme che si rivelino indebite implica un corrispondente obbligo restitutorio per quanto riguarda tali somme. La mancata restituzione minerebbe l’effetto dissuasivo dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, della medesima ( 21 ).

41.

Nonostante l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 imponga agli Stati membri di prevedere che le clausole abusive non vincolino il consumatore, «alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali», la normativa nazionale sulla protezione garantita ai consumatori dalla stessa direttiva non può modificare la portata né, di riflesso, la sostanza di tale tutela. Spetta di conseguenza agli Stati membri definire le modalità per accertare il carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto e gli effetti giuridici di tale accertamento. Tale accertamento deve sempre consentire di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di tale clausola abusiva, dando, in particolare, fondamento ad un diritto alla restituzione dei benefici che il professionista abbia indebitamente acquisito a discapito del consumatore, avvalendosi di tale clausola abusiva ( 22 ).

42.

Con riferimento agli effetti prodotti sulla validità di un contratto dall’accertamento del carattere abusivo di alcune sue condizioni, l’articolo 6, paragrafo 1, seconda parte di frase, della direttiva 93/13 sancisce che «il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive». Lo scopo di tale disposizione non è l’annullamento di tutti i contratti che contengono clausole abusive, bensì il ripristino dell’equilibrio tra le parti preservando, in linea di principio, la validità del contratto nel suo complesso ( 23 ). In linea di principio, il contratto in questione continua ad esistere senza altre modifiche che non siano quelle richieste per l’eliminazione delle clausole abusive, nella misura in cui, secondo la legislazione nazionale, tale continuità sia consentita sul piano giuridico, aspetto da verificare in modo oggettivo ( 24 ).

43.

La decisione di rinvio evidenzia che, sul piano del diritto polacco, la soppressione di clausole di conversione abusive da un contratto di mutuo porta all’annullamento dello stesso nella sua interezza poiché in assenza delle clausole in questione esso non può continuare ad esistere, e che tale annullamento ha effetto ex tunc.

44.

La direttiva 93/13 non regolamenta le conseguenze dell’accertamento dell’inesistenza, sul piano giuridico, di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore a seguito della soppressione delle sue clausole abusive. La direttiva non prevede in alcun modo che, in tali circostanze, gli Stati membri debbano autorizzare le parti ad avanzare reciprocamente pretese ulteriori rispetto alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte sulla base di una clausola contrattuale abusiva. Come sostengono correttamente A.S., il Commissario per i diritti umani, l’Ombudsman finanziario, i governi polacco e portoghese e la Commissione, spetta agli Stati membri, per mezzo delle rispettive legislazioni nazionali, stabilire tali conseguenze in modo conforme al diritto dell’Unione europea ( 25 ).

45.

La questione pregiudiziale del giudice del rinvio si riferisce a due situazioni distinte, a seconda che la pretesa sia avanzata dal consumatore oppure contro di lui. Devo pertanto esaminare entrambe le questioni separatamente, alla luce dei principi a cui ho fatto riferimento.

2. Pretesa del consumatore nei confronti della banca

46.

In sostanza A.S. sostiene di avere diritto a una remunerazione da parte di Bank M. per l’utilizzo che questa ha fatto di parte delle rate mensili corrisposte in adempimento del contratto di mutuo ipotecario.

47.

La finalità della direttiva 93/13 è di fornire ai consumatori un elevato livello di protezione ( 26 ). La giurisprudenza della Corte di cui ai paragrafi da 39 a 41 delle presenti conclusioni chiarisce che tale obiettivo si raggiunge garantendo, tra l’altro, l’assenza di vincoli per il consumatore derivanti da clausole abusive e il ripristino della posizione di diritto e di fatto in cui questi si sarebbe trovato in assenza di tali clausole.

48.

Secondo il considerando 12 della direttiva 93/13, quest’ultima introduce un’armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali in materia di clausole abusive, lasciando agli Stati membri la possibilità di garantire, nel rispetto del trattato, un più elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni nazionali più severe di quelle contenute nella medesima direttiva. L’articolo 8 della direttiva 93/13 riflette tale concezione.

49.

Di conseguenza, la direttiva 93/13 non rappresenta un ostacolo né alle disposizioni legislative nazionali che attribuiscono ai consumatori diritti più ampi di quelli previsti da essa, né alla giurisprudenza che le interpreta. A titolo di ipotesi, in caso di annullamento del contratto di mutuo ipotecario per l’eliminazione delle sue condizioni abusive, uno Stato membro potrebbe consentire ai mutuatari di avanzare, nei confronti delle banche, pretese ulteriori rispetto al rimborso delle rate corrisposte in adempimento del contratto e degli interessi legali di mora. Spetta quindi al giudice del rinvio stabilire, in riferimento al proprio diritto nazionale, se i consumatori abbiamo il diritto di avanzare pretese di una tale natura e, in tal caso, pronunciarsi nel merito.

50.

Stando alla decisione di rinvio, il concetto di arricchimento senza causa è il fondamento giuridico maggiormente invocato dalla giurisprudenza nazionale e dalla dottrina polacca a favore delle pretese summenzionate. Nel caso di specie, se A.S., dopo che Bank M. abbia rimborsato le rate mensili corrisposte in adempimento del contratto di mutuo ipotecario invalido, venisse a trovarsi in condizioni economiche peggiori a causa di tale contratto, spetterebbe al giudice nazionale valutare la sussistenza delle condizioni di arricchimento senza causa secondo il diritto nazionale, compiere tutti gli accertamenti di fatto richiesti in merito a ciò e trarre di conseguenza le necessarie conclusioni. Si può stabilire un parallelo con la sentenza nella causa Kanyeba e a., nella quale la Corte ha deciso che la questione pregiudiziale, che chiedeva di stabilire se in quel caso le circostanze al centro del procedimento principale rientrassero nell’ambito della legislazione sulla responsabilità extracontrattuale, riguardava il diritto nazionale e non la direttiva 93/13 ( 27 ).

51.

Come ha correttamente osservato la Commissione in udienza, il fatto che, in linea teorica, in una situazione come quella all’esame del giudice del rinvio, i consumatori possano avanzare pretese in base al concetto di arricchimento senza causa previsto dalla legislazione nazionale, non significa che dette pretese siano accolte. In tali casi, per prevalere in un’azione legale basata sull’arricchimento senza causa devono sussistere le condizioni previste dal diritto polacco. Qualora poi ravvisino in essi un abuso di diritto, i giudici nazionali possono anche, nell’esercizio della propria competenza, respingere tali ricorsi.

52.

A mio avviso, la possibilità che ai sensi del diritto nazionale, in caso di annullamento di un contratto di mutuo contenente clausole abusive, il mutuatario possa avanzare, nei confronti di una banca, pretese ulteriori rispetto al rimborso delle rate mensili corrisposte e al pagamento degli interessi di mora non mina l’efficacia della direttiva 93/13. Al contrario, una tale facoltà può incoraggiare i mutuatari a esercitare i diritti che la direttiva riconosce loro in quanto consumatori e scoraggiare le banche dall’introdurre clausole abusive nei propri contratti.

53.

È pur vero, come osserva Bank M., che la Corte ha stabilito che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 costituisce una disposizione obbligatoria che ha lo scopo di sostituire l’equilibrio formale che il contratto pone tra diritti e obblighi delle parti con un equilibrio effettivo, che ristabilisca invece tra esse una condizione di parità ( 28 ). Non ritengo, tuttavia, che la facoltà prevista dal diritto nazionale a favore del consumatore, di avanzare nei confronti di un professionista pretese ulteriori rispetto alla restituzione delle somme che questi abbia ricevuto in base a un contratto dichiarato nullo, mini la realizzazione di quell’obiettivo. Come ha sottolineato la Corte nella sua sentenza Banco Santander e Escobedo Cortés, dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché dall’economia generale di quest’ultima risulta che tale direttiva non mira tanto a garantire un equilibrio contrattuale complessivo tra i diritti e gli obblighi delle parti del contratto, quanto ad evitare il sopravvenire di uno squilibrio tra tali diritti ed obblighi a discapito dei consumatori ( 29 ).

54.

Le osservazioni scritte della Commissione si basano, tra l’altro, sull’articolo 8 della direttiva 93/13. È mia opinione che nel caso di specie la questione non riguardi tanto una norma del diritto nazionale tesa a rinforzare il livello di protezione del consumatore attribuitogli dalla direttiva 93/13, bensì piuttosto l’interpretazione di determinate disposizioni del codice civile che sono di portata generale. Disposizioni di tale natura non costituiscono misure che gli Stati membri possano adottare o mantenere ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/13 ( 30 ). Se il giudice nazionale dovesse interpretare tali disposizioni nel senso di cui al paragrafo 49 delle presenti conclusioni, tale interpretazione risulterebbe ciò nonostante coerente con l’obiettivo della protezione del consumatore perseguito dalla direttiva 93/13.

55.

Alla luce di queste considerazioni, condivido l’opinione di A.S., dell’Ombudsman finanziario, dei governi polacco e portoghese ( 31 ) e della Commissione secondo la quale l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi non ostano ad un’interpretazione giurisprudenziale delle disposizioni nazionali secondo la quale, nel caso in cui un contratto di mutuo concluso tra un consumatore e una banca sia dichiarato nullo fin dall’inizio in quanto contenente clausole abusive, il consumatore, oltre al rimborso del denaro versato nell’esecuzione di tale contratto e al versamento di interessi legali di mora a partire dalla data della domanda di rimborso, può avanzare ulteriori pretese nei confronti della banca in forza di tale accertamento. Spetta al giudice nazionale stabilire, in riferimento al proprio diritto nazionale, se i consumatori abbiamo il diritto di avanzare pretese di tale natura e, in tal caso, pronunciarsi nel merito.

3. Pretesa della banca nei confronti del consumatore

56.

Bank M. sostiene di aver diritto di pretendere da A.S. non solo il rimborso del capitale trasferito in mutuo, oltre agli interessi legali di mora, bensì anche la remunerazione per l’utilizzo del denaro senza giustificazione contrattuale per un determinato periodo di tempo ( 32 ). Bank M. argomenta che, attraverso la concessione di fondi ad A.S. per un determinato numero di anni, essa ha fornito a questi un servizio di natura non pecuniaria avente un suo specifico valore economico, distinto dal trasferimento dei fondi stessi ( 33 ). La sua pretesa in merito a tale remunerazione si fonda essenzialmente sul concetto di arricchimento senza causa.

57.

Come nel caso dei consumatori prima esaminato, in linea di principio spetta al giudice nazionale stabilire, in riferimento al proprio diritto nazionale, se, in seguito all’annullamento di un contratto di mutuo ipotecario motivato dalla presenza di clausole abusive, una banca abbia diritto di avanzare, nei confronti di un consumatore, pretese ulteriori rispetto al rimborso del capitale del mutuo trasferito e al pagamento degli interessi legali di mora. Tuttavia, contrariamente alla soluzione che propongo in merito alla domanda di A.S., per i motivi esposti nel prosieguo è mia opinione che Bank M. non abbia il diritto di avanzare pretese simili.

58.

In primo luogo osservo che qualsiasi annullamento del contratto di mutuo ipotecario si manifesterebbe come conseguenza dell’inserimento in esso di clausole abusive da parte di Bank M. Come correttamente sostiene la Commissione nelle sue osservazioni scritte, con riferimento al principio giuridico generalmente accettato nemo auditur propriam turpitudinem allegans, una parte non può trarre alcun vantaggio economico da una situazione che essa ha creato sulla base di una propria condotta illecita. In particolare, nel caso in cui si trovi a subire uno svantaggio in seguito all’annullamento di un contratto di mutuo ipotecario contenente clausole abusive, una banca non può ricevere una compensazione poiché lo svantaggio è sorto come conseguenza esclusiva della propria condotta illecita.

59.

In secondo luogo rilevo che se, in una situazione quale quella che sorge nel procedimento principale, a una banca fosse consentito di avanzare, nei confronti di un consumatore, pretese ulteriori rispetto al rimborso del capitale del mutuo e gli interessi legali di mora, in particolare la remunerazione per l’utilizzo extracontrattuale del capitale del mutuo, ciò priverebbe la direttiva 93/13 della propria efficacia e porterebbe a un esito incoerente con gli obiettivi che essa persegue.

60.

Come evidenziano A.S., il Commissario per i diritti umani, l’Ombudsman finanziario e la Commissione, tale possibilità mina l’effetto dissuasivo che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, della medesima, tenta di ricollegare all’accertamento della sussistenza di condizioni abusive nei contratti tra consumatori e professionisti ( 34 ). La sentenza nella causa Banco Español de Crédito, nella quale la Corte ha dichiarato che, se il giudice nazionale potesse modificare il contenuto delle clausole abusive contenute in tale contratto, un potere del genere potrebbe compromettere la realizzazione dell’obiettivo di lungo termine di cui all’articolo 7 della direttiva 93/13, chiarisce questo aspetto. I professionisti sarebbero tentati di avvalersi di condizioni abusive nella consapevolezza che, anche se dichiarato invalido, il contratto potrebbe essere modificato dal giudice nazionale in modo tale da salvaguardare l’interesse degli stessi professionisti. Un tale potere potrebbe quindi contribuire a eliminare l’effetto dissuasivo esercitato sui professionisti dalla pura e semplice disapplicazione, nei confronti del consumatore, delle clausole abusive ( 35 ). In modo analogo, in casi come quello di specie, la banca non sarebbe dissuasa dall’avvalersi di condizioni abusive nei contratti di mutuo con i consumatori se, nonostante l’annullamento di tali contratti, essa potesse addebitare ai consumatori la remunerazione al tasso di mercato per l’utilizzo del capitale del mutuo. Tale situazione potrebbe rendere perfino più redditizia per le banche la prassi di imporre clausole abusive ai consumatori. Come minimo vi sarebbe una notevole riduzione del rischio economico che la banca dovrebbe affrontare per una tale condotta.

61.

Anche A.S. e l’Ombudsman finanziario sostengono correttamente che se una banca avesse diritto di avanzare nei confronti di un consumatore pretese ulteriori rispetto al rimborso del capitale del mutuo e agli interessi legali di mora, ciò comprometterebbe l’efficacia della protezione che la direttiva 93/13 accorda ai consumatori. Nel caso di specie, dalle osservazioni scritte e orali di A.S. e di Bank M. risulta che la richiesta della seconda nei confronti del primo, con riferimento alla remunerazione per l’utilizzo extracontrattuale del capitale del mutuo, ammonta a PLN 192812,51 (circa EUR 41484,26), pari a circa i due terzi del capitale del mutuo. In udienza, l’Ombudsman finanziario ha dichiarato di essere a conoscenza di casi in Polonia nei quali l’ammontare della remunerazione che le banche pretendevano dai consumatori era superiore al credito concesso. Rendere soggetta al pagamento di un tale elevato livello di remunerazione il potere dei consumatori di liberarsi da clausole abusive può dar luogo, con tutta probabilità, a situazioni nelle quali i consumatori si troverebbero in condizioni migliori adempiendo al contratto contenente le clausole abusive piuttosto che esercitando i diritti che la direttiva 93/13 garantisce loro. Inoltre, come afferma A.S. nelle sue osservazioni scritte e orali, data la natura opaca, complessa e discrezionale dei criteri su cui le banche basano i loro calcoli, di norma i mutuatari non sono nelle condizioni di valutare con sufficiente precisione l’ammontare che la banca potrebbe pretendere da loro prima di decidere se sia nel loro interesse contestare la legalità delle clausole abusive. Si può anche aggiungere che le banche, come Bank M. nel caso di specie, ritengono generalmente che le somme asseritamente dovute dai consumatori come remunerazione per l’utilizzo extracontrattuale del capitale del mutuo siano da corrispondere immediatamente. Al contrario, nel caso di un contratto di mutuo, le rate sono dovute a intervalli regolari, in modo da consentire al mutuatario di pianificare la restituzione da parte sua. Tutti gli aspetti menzionati sono tali da scoraggiare i consumatori dall’esercitare i diritti conferiti loro dalla direttiva 93/13.

62.

È altresì mia opinione che l’argomentazione proposta da Bank M. e dal Financial Supervisory Board (Consiglio di vigilanza finanziaria) secondo la quale, se la banca non avesse diritto a pretendere la remunerazione da A.S. per l’utilizzo extracontrattuale del capitale di mutuo, ciò equivarrebbe a offrire a questi un «credito gratuito» per costruire l’abitazione, sia inaccettabile. Innanzitutto tale situazione è la normale conseguenza dell’annullamento ex tunc del contratto di mutuo a seguito dell’eliminazione delle sue clausole abusive. In secondo luogo, come correttamente sostiene il governo polacco nelle sue osservazioni scritte, il fatto che, in caso di violazione degli obblighi previsti dal diritto dell’Unione europea, il professionista perda il profitto previsto dall’adempimento del contratto di mutuo non costituisce una novità nella giurisprudenza della Corte in materia di protezione del consumatore. Ad esempio, nella sentenza Home Credit Slovakia, la Corte ha riconosciuto la natura proporzionale della legislazione nazionale che stabiliva la perdita, da parte del creditore, del diritto a interessi e spese in caso di mancato inserimento di alcune delle informazioni previste dalla direttiva 2008/48 nel contratto di credito ( 36 ).

63.

Bank M. e il Financial Supervisory Board sostengono inoltre che, se le banche fossero private della possibilità di pretendere la remunerazione per l’utilizzo extracontrattuale del capitale di mutuo in situazioni come quella in esame nel procedimento principale, la stabilità dei mercati finanziari in Polonia e nel resto dell’Unione europea risulterebbe minacciata. Tale argomento non ha alcuna rilevanza nel contesto dell’interpretazione della direttiva 93/13, il cui obiettivo non è di preservare la stabilità dei mercati finanziari bensì, innanzitutto, di proteggere i consumatori. In ogni caso, come creature del diritto, le banche hanno l’obbligo di condurre i propri affari in modo tale da rispettare tutte le disposizioni di legge.

64.

Alla luce di queste considerazioni e in linea con A.S., il Commissario per i diritti umani, l’Ombudsman finanziario, il Procuratore del distretto di Varsavia – Śródmieście ( 37 ), il governo polacco e la Commissione, suggerisco alla Corte di dichiarare che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad un’interpretazione giurisprudenziale delle disposizioni nazionali secondo la quale, nel caso in cui un contratto di mutuo concluso tra un consumatore e una banca sia dichiarato nullo fin dall’inizio in quanto contenente clausole abusive, la banca, in aggiunta al rimborso delle somme corrisposte in adempimento di esso e al pagamento degli interessi di mora dalla data della domanda di rimborso, può avanzare ulteriori pretese nei confronti del consumatore in conseguenza di tale accertamento.

V. Conclusione

65.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata da Sąd Rejonowy dla Warszawy – Śródmieścia w Warszawie (Tribunale distrettuale, Varsavia – Śródmieście, Varsavia, Polonia) nei seguenti termini:

1)

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,

devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad un’interpretazione giurisprudenziale delle disposizioni nazionali secondo la quale, nel caso in cui un contratto di mutuo concluso tra un consumatore e una banca sia dichiarato nullo fin dall’inizio in quanto contenente clausole abusive, il consumatore, oltre al rimborso del denaro versato nell’esecuzione di tale contratto e al versamento di interessi legali di mora a partire dalla data della domanda di rimborso, può avanzare ulteriori pretese nei confronti della banca in conseguenza di tale accertamento.

Spetta al giudice nazionale stabilire, in riferimento al proprio diritto nazionale, se i consumatori abbiamo il diritto di avanzare pretese di tale natura e, in tal caso, pronunciarsi nel merito.

2)

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13

devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad un’interpretazione giurisprudenziale delle disposizioni nazionali secondo la quale, nel caso in cui un contratto di mutuo concluso tra un consumatore e una banca sia dichiarato nullo fin dall’inizio in quanto contenente clausole abusive, la banca, in aggiunta al rimborso delle somme corrisposte in adempimento di esso e al pagamento degli interessi di mora al tasso legale dalla data della domanda di rimborso, può avanzare ulteriori pretese nei confronti del consumatore in conseguenza di tale accertamento.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) GU 1993, L 95, pag. 29.

( 3 ) Dz. U. del 1964, n. 16, posizione 93.

( 4 ) A.S. rivendica inoltre il rimborso di tutte le rate mensili pagate per il mutuo. Tale pretesa non è oggetto di controversia nel procedimento dal quale deriva il presente rinvio pregiudiziale.

( 5 ) A.S. rivendica il pagamento di metà dell’ammontare dei PLN 7321,51 in questione, poiché l’altra metà spetta alla coniuge la quale tuttavia non è parte in causa nel procedimento principale.

( 6 ) A.S. deduce tre metodi alternativi per calcolare l’ammontare che rivendica da Bank M. Primo metodo: il tasso di interesse medio dei contratti di mutuo in PLN concessi alle famiglie per l’acquisto dell’abitazione (PLN 3472,35; circa EUR 764). Secondo metodo: il tasso di interesse medio sui depositi delle famiglie (PLN 1553,82; circa EUR 342). Terzo metodo: l’indice di evoluzione del potere d’acquisto del denaro tra gli anni 2011 e 2020 (PLN 963,37; circa EUR 212). A.S. dichiara che la propria pretesa nei confronti di Bank M. si basa sui seguenti fatti: il trasferimento di denaro alla banca, la diminuzione del potere di acquisto del denaro trasferito, la perdita, da lui sofferta, della facoltà di uso del proprio denaro e l’utilizzo del suo denaro da parte di Bank M.

( 7 ) Sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak (C‑260/18, EU:C:2019:819).

( 8 ) V. articolo 481, paragrafi 1 e 2, e articolo 455 del codice civile.

( 9 ) Nella decisione di rinvio il giudice estensore utilizza l’espressione «utilizzo extracontrattuale del capitale». A mio avviso risulta più appropriata l’espressione «utilizzo extracontrattuale dei fondi», in quanto riferibile alla situazione sia del mutuatario che della banca.

( 10 ) Il giudice del rinvio cita le sentenze del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 84); del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punti 6162); e del 3 ottobre 2019, Dziubak (C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 43).

( 11 ) Nelle sue osservazioni scritte, il Procuratore del distretto di Varsavia – Śródmieście afferma che, nella presente causa, è molto probabile che Bank M. sollevi una di tali eccezioni.

( 12 ) Con decisione del 9 dicembre 2022, registrata presso la cancelleria della Corte in data 14 dicembre 2022 (causa C‑756/22), il Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale, Varsavia, Polonia), adottata nell’ambito di un giudizio promosso dalla Bank M. contro A.S. ed E.S. in merito al medesimo contratto di mutuo ipotecario, ha proposto alla Corte una questione formulata in termini quasi identici a quelli della questione proposta nella presente causa.

( 13 ) Sentenza del 13 ottobre 2022, Baltijas Starptautiskā Akadēmija e Stockholm School of Economics in Riga (C‑164/21 e C‑318/21, EU:C:2022:785, punti 3233 e giurisprudenza ivi citata).

( 14 ) Ai sensi dell’articolo 224, paragrafi 1 e 2, del codice civile:

«1. L’autonomo detentore di un bene, che agisce in buona fede, non è tenuto al pagamento per il suo utilizzo e non risponde dei danni causati da usura, deterioramento o perdita dello stesso. Il detentore o la detentrice acquistano la proprietà dei frutti naturali prodotti dal bene durante il suo possesso, e conservano i frutti civili maturati, se nel frattempo dovuti e pagabili.

2. Tuttavia, dal momento in cui viene a conoscenza di un’azione intentata nei suoi confronti per la restituzione di esso, l’autonomo detentore del bene, che agisce in buona fede, è tenuto al pagamento per il suo utilizzo e diviene responsabile di eventuali danni causati da usura, deterioramento o perdita dello stesso, salvo il caso in cui tale deterioramento o perdita siano avvenuti senza sua colpa. Il detentore o la detentrice sono tenuti a restituire i frutti maturati e non ancora consumati fino a quel momento, nonché a corrispondere il valore di quelli che abbiano consumato».

L’articolo 225 del codice civile così dispone:

«Gli obblighi, nei confronti del proprietario, dell’autonomo detentore di un bene che agisce in mala fede sono gli stessi dell’autonomo detentore di un bene che agisca in buona fede dal momento in cui questi venga a conoscenza di un’azione intentata nei suoi confronti per la restituzione del bene. Tuttavia, l’autonomo detentore di un bene, che agisce in mala fede, è tenuto inoltre a restituire il valore dei frutti che non abbia ricavato a causa della sua cattiva gestione ed è responsabile di qualsiasi deterioramento e perdita del bene, salvo il caso in cui il deterioramento o la perdita sarebbero avvenuti anche in caso di possesso da parte del legittimo proprietario».

( 15 ) L’articolo 415 del codice civile stabilisce che «chiunque causi un danno ad altri è tenuto al suo risarcimento». Ai sensi dell’articolo 361, paragrafo 2, dello stesso codice, la persona lesa può richiedere la compensazione non soltanto per la perdita effettiva (damnum emergens), ma anche per il mancato guadagno (lucrum cessans).

( 16 ) Ai sensi dell’articolo 3581, paragrafo 3, del codice civile, «[i]n caso di variazione significativa del potere di acquisto del denaro successiva alla nascita dell’obbligo, il giudice può, in considerazione degli interessi delle parti e in conformità ai principi di ordine pubblico, modificare l’ammontare o la modalità della prestazione economica, pur se stabiliti mediante sentenza o contratto».

( 17 ) Sentenza del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing (C‑242/18, EU:C:2019:558, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

( 18 ) V., ad esempio, sentenza del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia (C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 49).

( 19 ) Sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance (da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 36).

( 20 ) Sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 61).

( 21 ) Ibidem, punti 62 e 63.

( 22 ) Ibidem, punti da 64 a 66.

( 23 ) Sentenza del 14 marzo 2019, Dunai (C‑118/17, EU:C:2019:207, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

( 24 ) Ibidem, punto 51 e giurisprudenza ivi citata. La Corte ha aggiunto che l’articolo 6, paragrafo 1, seconda parte di frase, della direttiva 93/13 non enuncia esso stesso i criteri in base ai quali un contratto possa continuare ad esistere una volta privato delle condizioni abusive, bensì lascia piuttosto all’ordinamento giuridico nazionale il compito di stabilire tali criteri in conformità con il diritto dell’Unione europea (sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak, C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 40).

( 25 ) V., in tal senso, sentenze del 29 aprile 2021, Bank BPH (C‑19/20, EU:C:2021:341, punto 84), e del 2 settembre 2021, OTP Jelzálogbank e a. (C‑932/19, EU:C:2021:673, punto 49).

( 26 ) V., ad esempio, sentenza del 25 novembre 2020, Banca B. (C‑269/19, EU:C:2020:954, punti 37, 4143).

( 27 ) Sentenza del 7 novembre 2019, Kanyeba e a. (da C‑349/18 a C‑351/18, EU:C:2019:936, punti 7273).

( 28 ) Sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

( 29 ) Sentenza del 7 agosto 2018, Banco Santander e Escobedo Cortés (C‑96/16 e C‑94/17, EU:C:2018:643, punto 69).

( 30 ) V., in tal senso, sentenza del 7 agosto 2018, Banco Santander e Escobedo Cortés (C‑96/16 e C‑94/17, EU:C:2018:643, punto 69).

( 31 ) Il governo portoghese è dell’avviso che sia il consumatore che la banca abbiano diritto ad avanzare tali pretese. Bank M. sostiene che le parti del contratto di mutuo abbiano diritto «ad avanzare pretese finalizzate non a favorire il consumatore bensì a ripristinare condizioni di effettiva parità tra le parti e, in particolare, a pretendere la restituzione dell’arricchimento senza causa».

( 32 ) Bank M. sembra inoltre ricomprendere in tali ulteriori pretese anche la remunerazione per determinati servizi accessori collegati alla gestione del mutuo ipotecario quali, tra gli altri, il trattamento dei dati nella domanda di mutuo, la verifica della solvibilità del mutuatario, la ricezione delle rate del mutuo, il controllo dei bilanci e l’aggiornamento del piano.

( 33 ) Nella decisione di rinvio, il giudice del rinvio osserva che la parte prevalente della dottrina polacca ritiene che tale distinzione sia artificiosa e che il servizio sia uno solo, vale a dire il trasferimento di fondi.

( 34 ) V. anche il paragrafo 39 delle presenti conclusioni.

( 35 ) Sentenza del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 69).

( 36 ) Direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE (GU 2008, L 133, pag. 66). V. la sentenza del 9 novembre 2016, Home Credit Slovakia (C‑42/15, EU:C:2016:842, punto 71) e, nello stesso senso, l’ordinanza del 16 novembre 2010, Pohotovosť (C‑76/10, EU:C:2010:685, punto 76).

( 37 ) Il Commissario per i diritti umani e il Procuratore del distretto di Warszawa – Śródmieście sono dell’opinione che né il consumatore né la banca abbiano diritto ad avanzare tali pretese.